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Fincantieri, Bono spinge sul militare con un occhio all’ex Ilva di Taranto

Fincantieri, Bono spinge sul militare con un occhio all'ex Ilva di Taranto

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Fincantieri, Bono spinge sul militare con un occhio all’ex Ilva di Taranto

Di fronte alle incertezze del mercato tradizionale della crocieristica (il 50% del fatturato) e alle prospettive floride, invece, di quello navale militare che le frutta già quasi un quarto dei ricavi per 1,4 miliardi di euro, Fincantieri decide di puntare sempre di più sul volano della difesa, altra gamba che nel 2020 ha controbilanciato i rallentamenti pandemici del core-business e dove nel 2019 ha rafforzato una posizione di mercato  (che l’ha portata a vincere lucrose commesse in giro per il mondo) con la joint venture con la francese Naval Group, dando vita a Naviris.

Chiuso definitivamente il capitolo dell’Airbus dei mari con i transalpini Chantiers de L’Atlantique, il costruttore navale guidato da Giuseppe Bono che capitalizza in Borsa 1,23 miliardi di euro sta trattando con Leonardo per acquistare la divisione Oto Melara, ex società leader mondiale nella progettazione e produzione di cannoni navali di tutte le dimensioni e confluita nel 2016 nella divisione Sistemi di difesa dell’altro gruppo pubblico della difesa amministrato da Alessandro Profumo. Lavorazioni che danno lavoro a più di mille dipendenti che assemblano il cannone navale da 76/62 millimetri venduto a 54 marine militari del mondo. Un deal la cui firma potrebbe arrivare entro fine anno e che, secondo alcune valutazioni, potrebbe aggirarsi intorno ai 400 milioni di euro.

L’andamento del titolo Fincantieri negli ultimi cinque anni (fonte: Borsa Italiana-Euronext)

“In attesa di maggiori dettagli, riteniamo che l’interesse di Fincantieri rientrerebbe nella volontà della società di rafforzare la propria divisione militare con potenziali sinergie estraibili”, hanno scritto gli analisti finanziari di Equita Sim (target price a 0,72 euro; Hold confermato). “Da valutare economics e impatti sulla struttura finanziaria dell’eventuale deal che tuttavia riteniamo possa essere di dimensioni contenute”, hanno concluso dalla Sim milanese.

Il Ceo di Fincantieri Giuseppe Bono

Gli analisti di Intesa-Sanpaolo invece hanno segnalato che “una potenziale acquisizione di Oto Melara, che rappresenta un cambio di rotta dal business model di Fincantieri, rafforzerebbe il posizionamento del gruppo nel segmento Navale (rating Add e target price a 0,93 euro) nelle future gare, permettendo anche alcune sinergie a livello di produzione”. E in effetti Bono è sempre stato chiaro sulla ratio delle acquisizioni di aziende della componentistica, settori da integrare nelle di navi, per consentire a Fincantieri di “dominare tutto il processo di costruzione”.

La vendita di Oto Melara, con cui Fincantieri ha già collaborato in passato, potrebbe rappresentare un win-win per entrambi i gruppi controllati dal Tesoro italiano (Fincantieri per il tramite del 71,3% in mano a Cdp): se all’azienda di Piazza Monte Grappa permetterebbe di concentrarsi sul core business aerospaziale (rispetto al quale quello navale è più marginale) e di avere più opzioni per finanziare l’acquisizione di Hensoldt, il colosso della cantieristica navale, integrando nel proprio perimetro societario l’ex Oto Melara, riuscirebbe invece ad avere un maggiore potere negoziale nei contratti per la difesa. Leva dove Fincantieri negli ultimi anni, sostenuta anche dall’alleanza con Naval Group, ha fatto il pienone. A cominciare dagli Stati Uniti, dove il gruppo guidato da Bono è in pole position per mettere le mani su tutti i 5,5 miliardi di dollari di commessa per costruire nove fregate multiruolo per la Us Navy, destinate a rappresentare la “spina dorsale” della flotta americana.

Il giorno della quotazione in Borsa di Fincantieri

Ma ci sono anche le commesse militari vinte in Indonesia, in Qatar e le interessanti prospettive in Grecia, Egitto, Marocco, Kuwait e quelle per il bando Ue per la nuova corvetta europea. Oltre alla costruzione di sottomarini, dove Fincantieri ha appena ricevuto dalla Marina militare italiana una commessa per assemblare due sottomarini – più altri due – di ultima generazione.

Intanto, mentre il portafoglio ordini registra un carico di lavoro complessivo per 116 navi, con consegne fino al 2029 e 35,7 miliardi di euro, pari a 6,1 volte i ricavi annuali, Fincantieri, come dimostrato anche dalla ricostruzione (con WeBuild) del ponte di Genova, sta azionando la leva della diversificazione, puntando su nuovi business.

Ora, sempre come general contractor in consorzio con Paul Wurth Italia (PWI), guarda alla riconversione green degli inquinanti altoforni dell’ex Ilva di Taranto. Commessa miliardaria che con i bandi in arrivo nel 2022 potrebbe dare un’ulteriore mano a Piazza Affari al titolo, lontano dai massimi di fine gennaio 2018 quando viaggiava sopra gli 1,52 euro. 

@andreadeugeni


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