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Olanda, a rischio i vantaggi fiscali per le multinazionali. Da Fca a Google e Ikea, tremano i colossi

Olanda, a rischio i vantaggi fiscali per le multinazionali. Da Fca a Google e Ikea, tremano i colossi

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Olanda, a rischio i vantaggi fiscali per le multinazionali. Da Fca a Google e Ikea, tremano i colossi

(ex) paradisi fiscali Il piano silenzioso di rivoluzione-fiscale allo studio prevede la riscossione, ad oggi esentata, dell’imposta sugli interessi e le royalties indirizzati dalla grandi società verso Paesi a bassa tassazione. È inoltre in fase di definizione il ritiro definitivo delle detrazioni sulle perdite connesse ad eventuali liquidazioni di società controllate o sussidiarie, che hanno consentito per anni a holding e multinazionali di non pagare alcuna imposta sui profittidi Cesare Romano(Agf) 4′ di letturaI Paesi Bassi stanno per tirare un duro colpo ai colosso societari che sfruttano le sue leggi fiscali per abbassare le tasse o conseguire risparmi fiscali improponibili in altri Paesi, in Italia per citare un esempio scolastico. I responsabili dell’Economia e i ministri s’apprestano a definire due misure intese a garantire che le multinazionali paghino le imposte dovute antro un limite accettabile di cui una parte al fisco olandese, dato che le prospettive di bilancio, entrate e uscite, per il prossimo biennio non sono affatto promettenti.LEGGI ANCHE / Da Mediaset a Fca: perché l’Olanda è il paradiso delle holdingAnche Fiat e Mediaset tra le multinazionali che rischiano la débâcle fiscale Di cosa parliamo. L’Olanda è forse l’ultimo fiore all’occhiello dei paradisi fiscali di nuova generazione e di fresco conio. Per intenderci, lì era prevista la collocazione della sede legale della progettata fusione Renault-Fiat Chrysler Automobiles, dato che Fca vi è già ospitata dal 2014, ma con il corbezzolo normativo della sede fiscale nel Regno Unito. Sempre in Olanda s’è posizionata MediaForEurope, la nuova holding che unirà Mediaset italiana e spagnola, due gruppi quindi che si fondono in un’unica società con sede nei Paesi Bassi ma, è corretto ribadire, in questo caso con residenza fiscale in Italia. Un passo questo che dovrebbe condurre all’alleanza con il gruppo media tedesco ProSiebenSat. Ma non finisce qui, perché anche Cementir, del gruppo Caltagirone, ha deliberato il trasferimento in Olanda della sede legale a fine maggio. E comunque, la fila è lunga, dato che anche Eni, Enel, Exor, Ferrero, Prysmian, Saipem, Telecom Italia, Illy e Luxottica Group costituiscono altri casi di grandi aziende, italiane, con sede legale principale, o di una consociata, che opera in Olanda. Naturalmente, non c’è solo il made in Italy. Infatti, sempre nel Paese dei tulipani hanno trovato ristoro fiscale decine di società controllate che fanno capo alla Nike, mentre a Prins Bernhardplein, a 10 minuti dalla capitale, in un solo edificio risultano domiciliate centinaia di multinazionali, quasi 300 legate ai Panama Papers, altre entità giuridiche le più disparate. E comunque, Ebay, Uber, Tesla, Google, Unilever, Ikea, ma anche i Rolling Stones e gli U2 risiedono in Olanda.LEGGI AHCHE / Amsterdam regno delle multinazionali: «Made in Olanda» perfino gli spaghetti alla bologneseIn dettaglio Una delle due misure già definite mira a reintrodurre il pagamento delle imposte sugli interessi e sulle royalties che ogni anno viaggiano dai Paesi Bassi in cerca di giurisdizioni a bassa tassazione, ovvero, ai paradisi fiscali. In questo caso si introdurrebbe un’aliquota tra il 21 e il 22 per cento, in modo da intaccare tali flussi che, su base annua, sono stimati in 22miliardi di euro l’anno. Questa novità opererebbe come disincentivo rispetto all’utilizzo massiccio dei paradisi fiscali da parte delle grandi aziende olandesi. Una seconda modifica, avrebbe invece l’obiettivo di limitare, o quantomeno ridurre l’impatto della norma sulla deducibilità di particolari perdite societarie, che ha aiutato le multinazionali con sede in Olanda a pagare zero imposte sui profitti nei Paesi Bassi. Come? Detraendo le perdite estere, derivanti dalla liquidazione delle società controllate, in patria. Un meccanismo complesso che il governo vorrebbe limitare condizionando l’applicazione della norma soltanto ai casi in cui un’azienda rileva le perdite per la liquidazione di una controllata con sede nell’Unione e/o nello spazio economico europeo, quindi un limite territoriale. Cui s’aggiungerebbe l’effettiva partecipazione e gli interessi reali dell’azienda nella società controllata. Secondo le stime, questi due limiti basterebbero a dimezzare il risparmio fiscale ottenuto dai grandi gruppi.


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